Era questo il titolo di un documentario realizzato dal grande Sandro Ciotti dedicato alla vita del “Pelè bianco” – così chiamato dal divino Gianni Brera in un suo articolo. Già, perché di soprannomi, epiteti e riconoscimenti, Johan Cruijff ne ha avuti per tutta la sua vita.
Il profumo della sua classe si sente ancora dalle parti di Amsterdam, come se fosse rimasto sempre lì, in quello stadio a lui intitolato, a spingere la sua squadra e ad incantare i tifosi con le sue magiche giocate. Era il connubio perfetto tra potenza ed eleganza, immensa delizia del calcio, tanto da essere considerato il secondo giocatore più forte del XX secolo dopo l’appunto sopracitato Pelè. Sebbene non ricoprisse un ruolo ben preciso, si occupava sia dell’impostazione della manovra che della fase di finalizzazione, sfruttando al massimo il suo dribbling ubriacante, la sua rapidità sullo stretto e la sua grande freddezza sotto porta. Parliamo di un assoluto genio del calcio.
Dai suoi
primi calci al pallone, infatti, si vedeva già che sarebbe stato un
predestinato: all’età di dieci anni entrò nelle giovanili dell’Ajax dove,
nonostante le difficoltà economiche e la morte improvvisa del padre, si mise in
mostra come uno dei migliori elementi della rosa che, quattro anni dopo,
vincerà il campionato nella categoria Allievi. A 17 anni fece il suo debutto in
Eredivisie, ma soltanto nel 1985, con l’arrivo in panchina del trentottenne Rinus
Michels, divenne titolare inamovibile dei Lancieri. In occasione del funerale
di quest’ultimo, Cruijff dirà: “Sia da calciatore, che da allenatore non c’è
nessuno che mi abbia insegnato quanto lui. Ho sempre ammirato moltissimo la sua
leadership”. Il nuovo credo tattico dell’Ajax, il cosiddetto “calcio totale” –
in cui tutti dovevano essere in grado di giocare in qualsiasi zona del campo,
facendo del pressing offensivo e della velocità di pensiero le loro armi
principali – fu incarnato alla perfezione dal numero 14 olandese. Divenuto
stella e catalizzatore della squadra, vincerà, al fianco di altre leggende come
Krol, Rep, Muhren, per tre anni consecutivi, dal 1971 al 1973, tre Coppe dei
Campioni e – a livello personale – due Palloni d’Oro.
A causa di
diverbi con la società, nell’ottobre del ’73 si trasferirà al Barcellona dove,
sempre sotto la guida di Michels, chiuderà la stagione seguente con la
conquista della Liga, il secondo posto con l’Olanda ai campionati mondiali del
1974 e 32 reti all’attivo fra club e nazionale, tra cui la celebre rovesciata
di tacco contro l’Atletico Madrid. Questa fu senz’altro la migliore annata
nella carriera di Johan, che a fine stagione ricevette anche il suo terzo
Pallone d’Oro in solo quattro anni.
Rimasto per
cinque anni alla corte dei blaugrana, dopo due brevi parentesi in America con i
L.A. Aztecs e i Washington Diplomats, e ancora in Spagna ma con il Levante,
nell’81 tornò a vestire la maglia dell’Ajax: assieme ai giovani Frank Rijkaard
e Marco Van Basten nelle seguenti due stagioni vincerà altrettanti campionati e
una Coppa d’Olanda. In totale, nelle sue due esperienze con i Lancieri, mise a
referto 275 partite di campionato, condite da 205 reti, prima di passare ai
rivali del Feyenoord con cui, nella stagione successiva, al fianco della
matricola Ruud Gullit, farà bottino pieno tra campionato e Coppa d’Olanda.
Ma il suo
amore per il calcio non poteva di certo finire con un addio: e così, duecento
giorni dopo il suo ritiro dall’attività agonistica, fu chiamato per la terza
volta a guidare ancora il suo Ajax, stavolta non in campo ma in panchina, da
allenatore. Fu così che arrivano i successi da tecnico: con i biancorossi
rimase per tre stagioni, vincendo due volte la Coppa nazionale ma soprattutto,
la Coppa delle Coppe dell’87, a distanza di quattordici anni dall’ultimo
successo del club in campo europeo.
Nel 1988,
come già fatto da calciatore, si sposterà nuovamente in Spagna per accettare la
guida del Barcellona. Trovando in Josep Guardiola, Micheal Laudrup, Ronald Koeman
e Hristo Stoickov i pilastri fondamentali della squadra, arricchirà la bacheca
blaugrana con la vittoria di quattro Liga consecutive e della prima Coppa dei
Campioni nella sua storia ai danni della Sampdoria di Vialli e Mancini.
Successivamente, dopo otto anni lasciò i catalani a causa di nuovi dissidi con
la società, che a quanto pare si rifiutò di acquistare Ryan Giggs e Zinedine
Zidane. Fosse andata così, molto probabilmente, avremmo visto il più grande
Barcellona di tutti i tempi. Inoltre, questa fu la seconda ed ultima esperienza
in panchina per Cruijff, il quale, dopo questi undici anni divisi fra Amsterdam
e Barcellona, non allenò più nessun club.
Le sue due
più grandi passioni furono il calcio e il fumo. La prima gli diede tutto, la
seconda glielo tolse. E così, Il 24 Marzo 2016, all’età di sessantotto anni,
Johan Cruijff chiuse gli occhi per l’ultima volta per poi riaprirli, lassù,
dove ancora oggi, gli occhi dei calciatori dell’Ajax lo cercano prima di
scendere in campo.
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